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Tuesday, May 01, 2012

Pep se va


BARCELLONA - E' arrivata la notizia che la Catalogna non avrebbe mai voluto apprendere, ma che era nell'aria da giorni: "Pep se va". Pep Guardiola lascia la panchina del Barcellona dopo quattro anni indimenticabili, che hanno segnato la storia del calcio mondiale. Guardiola, 41 anni, ha comunicato la sua decisione alla squadra intorno alle 11, nello spogliatoio: "Ragazzi, me ne vado".  La riunione con la squadra e il presidente Rosell è durata quasi un'ora e poi è iniziato l'allenamento. Manca ancora l'annuncio ufficiale che verrà dato nel corso della conferenza stampa prevsita per 13.30

Alle 9.30 aveva ufficializzato la sua decisione anche al presidente Sandro Rosell. Guardiola si era insediato sulla panchina blaugrana il 17 giugno 2008, quando l'allora presidente Juan Laporta aveva annunciato l'ingaggio del Pep come successore di Frank Rijkaard. Si racconta che nei giorni precedenti, quando Laporta era indeciso sul da farsi, Guardiola avesse forzato la mano del dirigente con una provocazione: "Quella panchina è mia, ma forse tu non hai le palle per consegnarmela". Guardiola del resto non aveva mai allenato una squadra professionistica, fino a quel momento aveva solo diretto la squadra B del Barça e non aveva esperienza ad altissimi livelli, ma alla fine convinse Laporta, anche aiutato dal suo principale sponsor che è sempre stato Johann Cruyff. E' finita che Pep Guardiola ha guidato il Barça più spettacolare e vincente di sempre, 13 trofei in quattro stagioni cui bisogna aggiungere i tre Palloni d'oro consecutivi vinti da Lionel Messi: Guardiola e il Barcellona insieme hanno vinto tre campionati spagnoli, due Champions League, due Mondiali per club, due Supercoppe d'Europa, tre Supercoppe di Spagna e una Copa del Rey. Per alcuni è già la squadra più forte di tutti i tempi, per altri è nelle prime tre, nell'Empireo, insieme all'Ajax di Cruyff e il Milan di Sacchi. Il dibattito è aperto.

La decisione di Guardiola era nell'aria da molti mesi. Già un anno fa, dopo la Champions trionfalmente vinta a Wembley contro il Manchester United, Guardiola aveva pensato a lungo se rimanere o no, poi aveva prolungato il contratto di un altro anno. Ma di recente era emersa la sua stanchezza, e pare che anche i rapporti con una parte dello spogliatoio non fossero più idilliaci come un tempo: normale, dopo quattro anni e tanti successi vissuti insieme, che certe dinamiche interne non fossero più quelle di una volta. Così si è arrivati al passo d'addio, dopo un'avventura che comunque rimarrà ineguagliabile per qualità e spettacolarità del gioco, e che segnerà per sempre la storia del calcio moderno: il modello Barcellona sarà un punto di riferimento negli anni e nei decenni a venire, e come ogni modello assoluto sarà inarrivabile, e vanterà decine o centinaia di imitatori che arrancheranno nel tentativo impossibile di replicare la perfezione.

Ora per Guardiola si apre un'altra parentesi di vita, umana e professionale. E' fin troppo chiaro che mezza Europa lo stia tirando per la giacchetta, reclamandone i servigi. Al momento l'ipotesi più concreta è quella di un Guardiola che dovrebbe prendersi un anno "sabbatico", di riposo e di completa lontananza dal calcio, magari dedicandosi alla sua passione più divorante: il golf, di cui vorrebbe diventare giocatore professionista. Poi ci sono le suggestioni che arrivano dall'Inghilterra: gli sceicchi del Manchester City lo hanno contattato da tempo, e lui li sta facendo aspettare in attesa di un sì o di un no; di recente sarebbe arrivata anche una chiamata dalla federazione inglese che cerca un ct per la Nazionale dopo gli Europei, e anche lì tutti sono in attesa di una risposta. Ci sono poi le piste italiane, Inter e Milan ma pare anche la Roma, solo che i nostri club molto difficilmente potrebbero sostenere i costi per l'ingaggio del Pep, cioè una cifra vicina ai 10 milioni a stagione. Senza contare che un interrogativo rimane comunque: riuscirà Pep Guardiola a replicare il suo stesso tipo di calcio, ad applicare perfettamente le sue idee anche in contesti diversi da quello del Barcellona, che rappresenta un modello unico al mondo quanto a organizzazione e senso di appartenenza che riesce a instillare nei suoi giocatori? Il Guardiola catalano e barcelonista, allenatore della squadra in cui ha giocato fin da bambino e con giocatori che nella maggior parte dei casi avevano le sue stesse origini, è esportabile anche fuori dall'amata greppia? Sono questi interrogativi che peseranno sul suo futuro da allenatore, ammesso che ce ne sia uno. Quanto al passato, il calcio mondiale in un giorno come oggi non può che inchinarsi e rendere omaggio a Pep Guardiola, al suo Barcellona e al suo magnifico gioco: per quattro anni ci hanno regalato brividi, emozioni, sussulti, ammirazione, gioia completa, appagamento totale. Il calcio era una cosa bellissima, ai tempi del Barcellona di Pep.

ANDREA SORRENTINO
repubblica

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